domenica 5 ottobre 2008

Le rivelazioni di Gennaro Panzuto: Cesarano voleva affidarmi Posillipo.

«Giovanni Cesarano mi disse che si era trovato senza ricchezza e mi fece capire che per questo i rapporti con Vincenzo Licciardi si erano deteriorati ». È stato Gennaro Panzuto, nell’interrogatorio del 17 marzo scorso, a chiarire per primo agli inquirenti il motivo della rottura all’interno del clan della Masseria Cardone: da un lato i Licciardi, dall’altro i Cesarano-Sacco-Bocchetti-Feldi. Una spaccatura che ha provocato agguati a ripetizione e che, nonostante sia in corso una tregua, secondo la maggior parte degli investigatori esiste ancora. Clamorosi furono i due omicidi consecutivi nell’estate 2007, con l’eliminazione del capo di una piazza di spaccio a San Pietro a Paterno e del suo vice pochi giorni dopo. «Quando uscì dal carcere Giovanni Cesarano - ha sostenuto “Genny Panzuto a marzo scorso - mi sono incontrato con lui due volte, la seconda volta prima di Pasqua 2007. Entrambi gli incontri avvennero a casa di Totore ‘o pazzo, cognato di Giovanni Cesarano, a Pianura: durante il primo incontro entrambi ci ragguagliammo delle reciproche situazioni, io gli raccontai tutto il percorso che stavo facendo e le mie strategie. Lui era contento della mia autonomizzazione dai Licciardi e mi diede dei consigli. Io poi andai in Inghilterra in quanto latitante e le ambasciate tra noi avvenivano tramite Totore ’o pazzo. Cesarano. Aveva in animo di farmi estendere a Posillipo dove non c’era più alcun referente dal momento che erano stati tutti arrestati, mentre io pur stando in Inghilterra stavo costituendo a Napoli un buon gruppo di affiliati. Non ritenevo però ancora maturi i tempi e fu questa l’ambasciata che feci arrivare a Giovanni. Quando poi sono tornato in Italia, sempre da latitante per curare alcune faccende mi sono incontrato nuovamente con Cesarano. In questo secondo incontro lui mi fece capire che i rapporti con Vincenzo Licciardi stavano proprio degenerando dal momento che Licciardi non era tanto preoccupato di estendere le proprie attività criminali sul territorio in modo che ne avrebbero potuto beneficiare gli altri affiliati ma anzi di consolidare e curare solo le ricchezze già acquisite da lui e da altri pochi suoi luogotenenti, fra i quali non c’era Giovanni Cesarano il quale pur avendo fatto tanto per il clan si ritrovava senza ricchezza. Compresi, anche se Cesarano non parlò espressamente di scissione, che i rapporti tra i due si erano definitivamente guastati. E che questa rottura era estesa anche ad altri ex fedeli al Licciardi, anche se non facemmo nomi e cognomi e si parlò in termini generali facendo riferimento a quegli affiliati che tanto avevano fatto per il clan dal punto di vista criminale, realizzando omicidi e rischiando il carcere ma che non venivano valorizzati perché si interessavano meno alle attività produttive di ricchezza, che genericamente potremmo indicare come “commerciali”. Quando io chiesi: «Ma in finale chi siamo?» lui mi rispose che rimanevamo quelli di sempre, e compresi che si riferiva innanzitutto a Gennaro Sacco, che ha sempre considerato come un fratello, e agli affiliati ai Bocchetti. Su mia domanda se c’erano dei ragazzi più giovani ai quali mi sarei potuto affiancare egli mi rispose facendo riferimento ai fratelli Feldi dei quali io conoscevo un fratello per essere stato in carcere con lui nella stessa sezione a Secondigliano (S2). Io da parte mia gli prospettai la possibilità futura di coinvolgere Nando Schlemer che io consideravo molto valido e che si sapeva organizzare».

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