domenica 5 ottobre 2008

Dalle rivelazioni del pentito Giuseppe Misso "o chiatto" i Misso erano da sempre contro la cosca dei "capitoni"!

«Ho avuto rapporti diretti con il clan Lo Russo sin dal 1998, allorquando incontrai Giuseppe Lo Russo. Successe, infatti, che ci fu un attentato contro l’Alleanza di Secondigliano in quanto ci fu un agguato nella zona di Sangiovanniello e precisamente nei pressi di via Briganti, zona del clan Contini, facente capo ad Eduardo Contini “’o romano”». Comincia così il racconto di Giuseppe Misso detto “’o chiatto” sui rapporti a volte tesi a volte di pace che aveva con la zona di Secondigliano. «Poiché in zona era sta vista una persona di statura grossa, quelli di Secondigliano pensarono, immediatamente, che io avessi avuto un ruolo in quella vicenda - continua il pentito del rione Sanità - Ricordo che quel giorno mi trovavo a piazza Vergini e ricevetti una telefona da mio padre che, preoccupato per la sparatoria che c’era stata, mi disse di tornare a casa. Io dell’agguato non sapevo nulla. Anzi, qualche giorno prima, c’era stata anche una riunione a casa di Mazzarella al rione Luzzatti al primo piano. Si discuteva dell’opportunità o meno di attaccare Secondigliano ed io ero perplesso, perché ritenevo che, in quel momento, noi Misso non avremmo potuto contrastare quei clan né logisticamente, né economicamente. D’altra parte mio zio Peppe era ancora detenuto. In quella riunione non si decise nulla anzi, si continuò a parlare. In quell’agguato morì una persona e ne rimasero feriti due ma so che i veri destinatari di quell’agguato erano Salvatore Botta ed Egidio Annunziata», ha concluso il collaboratore di giustizia della cosca del centro. «Incontrai Salvatore Lo Russo, ’o Capitone, nel 1999 ed è stato lui il vero boss del clan»: parola questa di Giuseppe Misso detto “’o chiatto”. Di seguito il suo racconto che ha lasciato ai pm della Dda di Napoli nel corso dei sui sei mesi “di prova”. «L’incontro nacque dall’esigenze avvertiva dalle famiglie di Secondigliano di proporre a noi Misso una tregua- Siamo infatti negli anni della guerra Mazzarella-Alleanza di Secondigliano, prima e Misso-Alleanza di Secondigliano, poi. Era già tornato in libertà Giuseppe Missi quando ci fu proposto questo incontro, questa volta da Armento Michele. Mi zio Giuseppe non voleva che io incontrassi Lo Russo Salvatore perché di lui non si fidava e quindi incaricò me». Poi continua nel racconto e dell’incontro avuto con i boss di Miano. «Quando Lo Russo Salvatore vide che all’incontro mi presentai io, non volle parlare più, perché voleva incontrare direttamente mio zio Giuseppe. Mio zio però voleva evitarlo perché non aveva nessun intenzione di fare la pace con loro e in particolare con il clan Licciardi. Con me all’incontro c’era Michelangelo Mazza. Mi resi conto che Lo Russo Salvatore quando ci vide si allarmò. Ricordo che quasi tremava e credo che temesse che noi fossimo armati e fossimo andati lì per ammazzarlo. Proprio perché si tranquillizzasse incaricai Michelangelo di andare subito da nostro zio perché venisse di persona all’incontro. Doveva convincerlo proprio spiegandogli quanto fosse pericoloso il fatto che Lo Russo Salvatore potesse pensare che noi fossimo armati».

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